Vernice Nera: reale o virtuale?
Milano, un inizio giugno di un anno non definito. Una ragazzina scompare dopo aver postato su un social network un selfie che imita La pubertà di Munch. Dodici anni, pelle lattea, occhi azzurri e capelli biondi. È tanto bella quanto inquietante.
La sua misteriosa sparizione coinvolge non solo i genitori separati e benestanti, all’apparenza presi più dalla loro vita che da quella della figlia, ma anche un manipolo di personaggi che rappresentano un quadro della nostra contemporaneità. Fra tutti, la più determinata è Marina Novembre, mani doloranti per l’artrite reumatoide che agisce come l’arma di una sensitiva e che la guida in una sua indagine personale, tra il reale e il virtuale: le loro connessioni, e le possibili conseguenze. La donna, affascinante e tenace, ha un certo feeling con i social e i pericoli della rete, ed è convinta che la scomparsa abbia a che fare con una setta di stampo nazista che adesca on-line i prescelti per creare una razza pura e perfetta, non intaccata dall’odierno meticciato.
Vernice Nera è il nuovo libro di Claudia Maria Bertola, edito da Morellini Editore, un thriller ambientato nella città meneghina. «Mi ha permesso di dare voce a una storia che volevo raccontare, che non è solo quella della scomparsa di Adele, una ragazzina di dodici anni e mezzo figlia di genitori separati, né quella dell’omonima piattaforma filonazista che adesca i giovanissimi attraverso il Dark Web e che potrebbe averla presa.
Il mio romanzo è un manifesto che parla di una società che decade nella ricerca di cose sempre più effimere e nella perdita dei valori che contano. Parla dei deboli, dei vulnerabili, delle ferite che non si rimarginano mai e che non sono quelle inflitte alla pelle, ma quelle che tagliano l’anima. Parla di eroi imperfetti, di padri malconci (nonostante gli addominali scolpiti) di madri di porcellana, di figli frangibili. Mi ha dato la possibilità di raccontare a tutti una storia che avevo dentro di me, che ho cresciuto da seme a piantina. Per questo lo considero un personale successo e ne vado fiera.
Grazie al mio libro ho avuto il privilegio di parlare di temi importanti, a me cari, attraverso una trama che si tinge di giallo, che porta il lettore ad avere paura, a sorridere, a commuoversi. E a sperare. Lascia un retrogusto amaro, che è la consapevolezza che il mostro, se non è dentro di noi, è dietro l’angolo. Non per forza a un angolo di strada».
Di Patrizia Campone