Francesca Cerruti e l'arte della sinergia e della cooperazione tra uomo e donna
Il gender career gap, ovvero le pari opportunità di genere per fare carriera, negli ultimi anni trova nello Stato italiano un impegno concreto per valorizzare e favorire la partecipazione femminile, garantendo possibilità eque di accesso a posizioni di potere grazie alle cosiddette quote rosa, che superando non pochi ostacoli cominciano a dare piccoli risultati.
Diversa la situazione nel privato. Uno degli esempi più significativi è rappresentato dalla 34enne Francesca Cerruti, vice direttore generale di ab medica, società in forte crescita con sede a Cerro Maggiore in provincia di Milano, specializzata nella produzione e distribuzione di tecnologie medicali avanzate e sistemi di chirurgia robotica, dove oltre il 50% dei dipendenti è donna!
“Siamo una realtà che mira all’eccellenza e la cerchiamo nelle risorse, senza pensare a farne una questione di genere. Cerchiamo di collocare i dipendenti nelle posizioni in cui potranno esprimersi al meglio, dato che è poi il lavoro corale a condurci al traguardo. Seguendo, quindi, una logica di risultato, piuttosto che una filosofia, ab medica ha visto crescere anche in posizioni manageriali importanti una nutrita rappresentanza femminile. In occasione della recente Festa della donna, per esempio, abbiamo deciso di lanciare un messaggio di sinergia e cooperazione, in grado di superare le differenze ma che possa esaltare le reciproche diversità di genere, realizzando un piccolo omaggio per tutti i nostri dipendenti, donne e uomini” spiega Francesca Cerruti, diventata manager mettendo in campo un grande impegno, e stimolata da un uomo, suo padre Aldo, fondatore e amministratore unico di ab medica, che rappresenta per lei un modello di riferimento forte e importante.
“L’ho sempre visto, e lo vedo tutt’ora come l’incarnazione del motto “volere è potere”: ha conseguito mete ambiziose, senza mai lasciarsi frenare dagli ostacoli trovati lungo il percorso. E’ così che da agente alla Bosa Elettromedicali è diventato il Presidente di quella che oggi è l’azienda italiana leader nel settore delle tecnologie medicali. In 35 anni ho visto mio padre sempre deciso e intraprendente. Qualità che vorrei fare mie”.
Quando ha iniziato a “frequentare” l’azienda?
“Sono “letteralmente” di famiglia. Mio padre l’ha fondata nel 1984 e io sono nata l’anno successivo. Siamo cresciute insieme. Avevo poco più di 20 anni quando ho messo piede in azienda e da allora continuo a fare il pieno di esperienze”.
Donna e figlia del fondatore: quali sono state le difficoltà?
“La difficoltà maggiore era rappresentata da me stessa. Ho iniziato a lavorare che ero davvero giovane e inesperta. Volevo imparare e scalpitavo. Ma è stato proprio il tempo a insegnarmi che con la pazienza e la costanza avrei dimostrato le mie capacità. Non volevo essere “la figlia di…”, ma crescere facendomi conoscere per quella che sono. In tutto questo essere donna non ha rappresentato un limite, almeno in ab medica, dove l’importante non è tanto il genere quanto il contributo che ciascuno può e sa dare all’azienda. All’esterno il discorso cambia La medicina e la tecnologia, settori in cui operiamo, sono ancora appannaggio prevalentemente maschile, ma anche qui, con buona volontà e un pizzico di sfrontatezza, ho imparato a farmi valere. In sala operatoria, se dimostri di essere competente nell’affiancare il medico, il chirurgo apprezzerà il lavoro di clinico, al di là del tuo esser donna o uomo”.
Come ha iniziato?
“Non ho avuto corsie preferenziali, e ho iniziato con la classica gavetta. Ho praticamente vissuto in prima persona tutti i dipartimenti dell’azienda: dal magazzino all’ufficio contabilità, fino ad arrivare alla guida dell’ufficio marketing e comunicazione. Per me è stata un’impareggiabile palestra che mi ha permesso di comprendere la complessità di un’impresa che vive e si evolve quotidianamente. A questa partenza si è aggiunta poi la formazione, per ben cinque anni con presenza in sala operatoria, per affiancare l’attività dei chiurghi che si avvalgono delle nostre tecnologie medicali. Un passo dopo l’altro, insomma, mi sono trovata a occupare con orgoglio una posizione importante e di grande responsabilità”.
Ci parla della filosofia operativa di ab medica?
Si potrebbe dire “instancabile esplorazione”: il settore delle tecnologie, e in particolare quelle medicali, richiede continui aggiornamenti. Fin dalla fondazione, mio padre ha avuto ben chiara la necessità di essere in grado di re-inventare, cercare nuove soluzioni, scovare device innovativi, cogliere opportunità inedite. Durante questo percorso abbiamo avuto molte soddisfazioni: siamo stati i primi in Italia ad avere introdotto il catetere multilume. Si tratta di un primato cui ne sono seguiti molti altri, come l’aver creduto in Gasless, primo sistema che consente la chirurgia laparoscopica senza utilizzo di gas; abbiamo colto, in anticipo sui tempi, le potenzialità della chirurgia robotica da Vinci (mai vista in Italia prima che la distribuissimo nel 1999) e della radiochirurgia stereotassica con il CyberKnife. E se il mercato non offre nulla di avanguardistico? Lì subentra il nostro reparto R&D che negli anni ha progettato diversi device come il caschetto HelMate o il Cardioclinic. Abbiamo puntato molto anche sulla politica di acquisizioni, che ci ha consentito di abbracciare numerose altre realtà, in modo coerente con il desiderio di offrire la migliore qualità di vita e di cura al paziente. Insomma, accresciamo il nostro know-how con le competenze e le unicità delle aziende che fanno parte del nostro gruppo, da ATLC a Genomnia, passando per Medical Labs, Telbios, Officine Ortopediche Rizzoli, WinMedical”.
Nella foto, Francesca Cerruti con il padre Aldo Cerruti